I CONTROLLI - L'iter è apparentemente lo stesso, pure per i giornalisti. Cambiano i volti e i rumori attorno, l'occhio che cade sui guanti e sulle quattro mascherine di chi a Torino segue protocollo alla sua lettera. Poco prima d'entrare, il termoscanner sbalza via un minimo timore: un secondo e siamo tutti dentro. Firmare liberatorie non era mai successo: adattarsi è sempre la soluzione giusta. Cena al sacco ed eccolo, il verde del prato. Che ti sconfina un progetto di partita, irreale ma a portata d'occhio. I giocatori scendono in campo, quasi si fa sul serio. Non c'è paura attorno a Juve-Inter; c'è tristezza, quella sì.
20.55 - Check panchine. Conte chiede ai suoi attenzione sulle verticalizzazioni bianconere; Sarri parla a folate e mastica - amaro - il suo filtro.
21.15 - E' un'aria da oratorio col fare concreto di una finale. Inter e Juve se la giocano pure sulle urla, sui momenti, sui rischi accompagnati da ovazioni sinceri di chi si ritrova ad assistere. E Conte allunga il suo sguardo (e il suo grido) su Lukaku: lo vuole più determinato, dentro all'azione. Sarri alterna i momenti: ce l'ha col quarto uomo a ogni dubbio, poi si siede. E scrive, of course.
21.55 - E in mezzo al buio, una luce d'insistenza. Ramsey ha portato in vantaggio e i suoi gli hanno dedicato tutto l'affetto possibile. Salti e grida che squarciano il vuoto attorno, e le panchine a riversarsi sul verde. Sarri? Se n'è tornato, a scrivere e appuntare. Niente romanzi per Conte: testa bassa e sana incazzatura.
22.05 - E forse non serviva nient'altro che star lì, unirsi, compattarsi. Rispondere alle alzate di capo dell'Inter e uscirne d'orgoglio smisurato. Il gol di Dybala è una perla che meritava un pubblico, ma di sicuro si è guadagnato l'abbraccio collettivo di un gruppo che non ha smesso un attimo di far sentire il proprio calore. Anche Sarri è scoppiato: sventolando i pugni al cielo, togliendosi di dosso un po' di inconcludenza e le solite paure. La bellezza sa essere triste, ma resta bellezza.
22.35 - Finisce qui. Finisce tra i sorrisi, gli abbracci fraterni e al diavolo le controindicazioni da virus. Finisce con Sarri che agita le mani, con Dybala che corre a centrocampo, poi abbraccia Szczesny. Finisce con Ronaldo che si sincera delle condizioni di Higuain. E finisce con Conte che, mogio, abbassa la testa e torna negli spogliatoi. Ha vinto la Juve. Ed è stata una gara bellissima, comunque bellissima.