L’operazione della Dia che ha portato all’arresto di trenta tra delinquenti e mafiosi nell’Agrigentino va celebrata come un atto di grande giustizia e di ottimo lavoro delle istituzioni. Nella rete e caduto anche Andrea Puntorno un balordo di professione aggregato al clan governato dal capo Andrea Massimino. A suo carico delitti assortiti e soprattutto attività di spaccio. Insomma, un tipo di quelli per i quali il carcere è sacrosanto con tanto di chiave gettata via. Fin qui la cronaca di un evento legato alla delinquenza organizzata e alla legittima repressione del fenomeno.

Giustamente al fatto compiuto è stato dato il dovuto risalto mediatico con, però l’aggiunta di una sottolineatura a mio avviso eccessiva e parecchio strumentale forse per caricare la notizia di maggior impatto mediatico. In tutti i titoli comparsi per l’annuncio dell’episodio viene rimarcato il fatto che il Puntorno era un ultra della Juventus e addirittura il leader del gruppo “Bravi ragazzi”, lasciati dal balordo un anno fa per fare ritorno da Torino ad Agrigento dove svolgeva la sua attività criminale.

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Attenzione. Si tratta di una notizia vera e non di una “fake” gettata nel mucchio per creare confusione. Puntorno era effettivamente un delinquente imprestato al tifo bianconero. Ma voler puntualizzare questa situazione rendendola addirittura preminente o comunque legata alla sua attività criminale e mafiosa è un atto decisamente fuori luogo oltreché deviante. Sarebbe stato come dover leggere al tempo, per esempio, “Arrestato l’interista Vallanzasca” piuttosto che, come purtroppo accade spesso oggi, “Immigrato nero sorpreso a rubare”. Un delinquente è un delinquente, punto e basta. Non ha bandiere e neppure  colore della pelle. E La Juventus non c’entra niente.