L'interrogatorio di Paulo Dybala è indubbiamente tra quelli che fanno più discutere (CLICCA QUI). Forse - ma non solo - perché nel suo discorso l'attaccante argentino ha tirato in ballo anche il rinnovo, quel tanto atteso prolungamento di contratto con la Juve che poi non è mai arrivato, con la pietra tombale sulla lunga "telenovela" posta il 21 marzo scorso con le parole lapidarie dell'ad Maurizio Arrivabene: "Dybala non è più al centro del progetto, non abbiamo mai discusso le sue qualità tecniche ma sono state fatte altre scelte".

Il giocatore, attualmente alla Roma, è stato ascoltato nei PM nell'ambito dell'inchiesta sulla "manovra stipendi". Anche lui, come altri compagni, aveva spiegato che l'accordo stretto con il club era sempre stato quello di rinunciare a una sola mensilità, diversamente da quanto dichiarato. "Ricordo che scegliemmo di decidere se accettare o meno tutti insieme. Tanta gente pensava che noi avessimo rinunciato a quattro mesi e nessuno sapeva che noi avremmo preso tre mesi pagati più avanti", si legge in uno degli stralci dell'interrogatorio pubblicato quest'oggi da La Repubblica. "Quante volte ho firmato? Non ricordo, ma ricordo con esattezza che quando ho firmato la scrittura sulla riduzione avevamo già raggiunto l'accordo con la società. Credo insieme. In una rinunciavamo e nell'altra riprendevamo tre mensilità. Di fatto prendevamo il doppio alcuni mesi della stagione successiva". 

Argentina, Dybala non gioca. Il CT: 'Scelta tecnica'
Infine, il riferimento all'ipotesi rinnovo: "La seconda manovra? Ognuno questa volta decideva per sé. Io non volevo aderire, volevo ricevere tutti i mesi lo stipendio. Poi il mio gruppo di lavoro mi ha detto: "Meglio se lo facciamo, abbiamo un buon rapporto con la società, per avere migliori prospettive per il rinnovo"".