Beppe Marotta e la Juventus, l'ultimo capitolo, anzi nemmeno, l'ultimo giorno. L'amministratore delegato bianconero saluterà ufficialmente oggi, 25 ottobre, il club bianconero, dopo tanti anni trascorsi a Torino. Lo farà con rammarico e dispiacere, rinforzato dalle parole pronunciate post annuncio di fine rapporto, ormai quasi un mese fa: "E' una situazione voluta dalla società, io mi adeguo a questa volontà e idee, proprio per amore sia delle persone, sia della Juventus. Mandato via? Un termine un po' forte. Io sposo questa linea aziendale. Io sono un uomo di azienda, capisco e quindi è giusto che si facciano avanti altre persone. Sono certo di aver dato il 100% in anni di grandi successi. Spero che chi arriva faccia uguale. Doloroso? Sì, perchè la vita vita lavorativa e il mondo dello sport sono fatti di sentimenti ed emozioni. In questi 8-9 anni io di emozioni fortunatamente ne ho vissute tante e sono state molto belle. Cos'è stata la Juve? Qualcosa di unico". 

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Tutto così, molto chiaro. Marotta non ha solo costruito la sua Juve, l'ha anche amata, come fosse una creatura reale, una sua creatura. E ora, salutarla, non può che fare male. Sì, perchè lui è stato uno dei principali fautori del cambiamento, del successo: quello che ha portato da una squadra presa dalla crisi post Calciopoli a 7 scudetti consecutivi, da un fatturato di 100 milioni a uno in grado di sfidare i top club europei, dal Malaka Martinez a Cristiano Ronaldo. Un passaggio lungo e difficile, con tanti sacrifici, ma anche molte gioie. Pirlo, Barzagli, Pogba, Vidal, sono solo alcune delle sue meraviglie: un album di figurine che non potrà scordare, che conserverà anche fuori dal mondo bianconero. Oggi saluta la Juve, domani potrebbe aspettarlo l'Inter, ma in fondo lui ai colori bianconeri è legato, eccome, tanto che: "Finale di Champions? Se ci fosse sarei orgoglioso, perchè questa squadra è frutto anche, non solo, del mio lavoro. Insieme a Paratici, Nedved e Allegri. Tiferei da semplice tifoso la mia squadra".