Exit strategy, incentivo all’esodo, buonuscita, ingaggio da urlo. Okay, quello che volete, ma non c’è un (solo-solido) motivo affinché lo statunitense possa alzare un muro simile. Anche perché, e questo concetto spero sia chiaro all’americano, per lui l’avventura alla Juventus finisce qui.
O meglio, già la scorsa estate sarebbero dovuti emergere i titoli di coda, ma la volubilità della materia è sfociata in una seconda – nonché inattesa – possibilità. E devo dire che Wes se l’è giocata alla grande, presentandosi tirato a lucido in ritiro e sfornando un’ottima prima parte di stagione. Poi, un calo comprensibile e fisiologico, da associare a qualche acciacco qua e là.
Non si torna più indietro. Assolutamente. Ma ora, considerando come vada in scadenza tra un anno, è il calciatore a sfoggiare una posizione di forza. In quanto padrone del proprio destino. Senza giri di parole: se McKennie fosse finito all’Aston Villa nell’ambito della maxi operazione Douglas Luiz, la Juve avrebbe risolto una grossa grana. Che ora, invece, rischia di accentuarsi. Nulla che possa preoccupare il dt Cristiano Giuntoli e i suoi collaboratori, intendiamoci, ma pur sempre un problema da risolvere. Come? Mistero.
Non trova conferme, ad oggi, l’ipotesi Tottenham. E onestamente alla Juve – in queste ore – cosa farà McKennie, post rifiuto al Villa, non è un tema. Sullo sfondo un unico sostantivo: fastidio. Per le richieste presentate da Wes e il suo entourage. Una posizione, rigidissima, che avrebbe potuto far saltare l’arrivo di Douglas Luiz.
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