LA JUVE - "All’inizio ho pensato: ok, è un prestito, sembra un periodo di prova di un anno. Ma ora provo un senso di appartenenza, penso di aver trovato la mia nuova casa. Penso di poter giocare a questi livelli, con giocatori al fianco dei quali ho sempre sognato di giocare. Ho realizzato di poter stare al passo, di poter giocare insieme a loro, di poter avere un ruolo per questa squadra e di poter avere un impatto. Non sono più preoccupato come lo ero all’inizio. Non è facile per un giovane giocare a questi livelli, spero di poter dimostrare che le cose stanno cambiando, che anche un club come la Juve si può interessare a un calciatore come me o in generale al calcio americano. Sarà una sfida, non lo nascondo. Ma ho sempre amato le sfide".
DALLAS - "Sono tornato a Dallas e avevo paura di guidare di notte. Rappresento una nazione che a volte non mi accetta, soltanto per il colore della mia pelle. Sono un calciatore, e agli occhi di molti posso contribuire allo sviluppo del calcio americano. Ma sono anche un essere umano, non posso far finta di niente e rappresentare così un paese che non mi accetta”. Al punto da poter mettere in discussione la sua voglia di vestire la maglia a stelle e strisce: “Se la nazionale non dovesse supportare il movimento o i calciatori che vivono queste situazioni, direi qualcosa. Ne parlerei con miei compagni e se non mi dovessi sentire a mio agio potrei, sì, perché no, decidere di non partecipare al ritiro".