Ormai tutti sanno, perché il club lo ha fatto trapelare o non ha saputo (voluto) silenziarlo, che Sarri deve vincere lo scudetto a tutti i costi se non vuole salutare dopo appena un anno. Non solo: molti dicono che neppure questo basterà (o basterebbe) e che un’eventuale eliminazione dal Lione in Champions League, ad inizio agosto, porterebbe ad un esonero immediato. Insomma Sarri avrebbe il destino segnato, a meno che non riuscisse a cogliere un’improbabilissima doppietta.
La ragione di tanto decisionismo risiede in Andrea Agnelli che, dopo Allegri, avrebbe voluto Guardiola, anche se era impossibile ingaggiarlo. Nedved e Paratici, allora, spinsero per il ritorno di Conte sul nome del quale, però, gravava il veto del presidente. Il compromesso partorì la scelta di Sarri, sospinto sempre dal vicepresidente e dal direttore sportivo.
Primo, perché la sua decisione l’ha già presa. Secondo, perché sa che molti giocatori non sarebbero per nulla dispiaciuti della giubilazione dell’allenatore.
A questo punto sono chiare almeno due cose: la Juve è una polveriera pronta a deflagrare al primo risultato negativo che porterebbe dritti alla crisi, mettendo in discussione lo scudetto; Agnelli ha sbagliato a scegliere Sarri puntando, almeno a livello pubblico, sulla qualità del gioco che avrebbe dovuto accompagnare i risultati.
Meno che mai erano stati scelti calciatori adatti al gioco di Sarri. La Juve ha una batteria, un po’ stagionata, di portatori di palla che corrono poco (a parte Matuidi gravato da seri problemi tecnici), che non fanno movimenti nello spazio e che sono convinti di risolvere le partite in maniera individuale. In questo l’errore più grande lo hanno commesso Nedved e Paratici che avrebbero dovuto conoscere le esigenze dell’allenatore nel momento in cui hanno fatto prevalere la loro scelta.
Tuttavia non penso che Agnelli si affiderà ad un’operazione “repulisti”. Sarebbe come retrocedere a più di dieci anni fa quando la Juve arrivava settima. Credo, però, che dentro di sé, covi una vendetta da servire al tavolo di Nedved e Paratici: il ritorno di Massimiliano Allegri. Strategicamente una mossa sbagliata, come tutti i ritorni, ma un modo indiretto per ridimensionare una dirigenza che, oltre ad avere rotto con il precedente allenatore, quest’anno ha sbagliato moltissimo".