Se, da una parte, il girone non è propriamente impossibile, dall’altra le partite europee possiedono un coefficiente di difficoltà intrinseco e un’intensità di svolgimento molto più elevati delle gare del nostro campionato. Ma c’è di più. La Juventus, infatti, al momento è pure tre punti avanti al Chelsea, campione d’Europa uscente e leader in Premier League, battuto nello scontro diretto a Torino con una formazione rimaneggiatissima, ovvero senza Morata e Dybala, e con Chiesa e Bernardeschi a fare da punte.
Oggi, invece, le parti si sono rovesciate: il Milan, primo in serie A insieme al Napoli, arranca all’ultimo posto del suo gruppo in Champions, mentre la Juve, lontana sedici punti dalla testa della classifica in campionato, si giocherà, il 23 novembre, il primo posto del girone con il Chelsea, avendo due risultati su tre a disposizione (al momento detiene anche una migliore differenza reti).
Ora, siccome non si può dire che si tratti di una questione di gioco più europeo rispetto ad uno solamente domestico, credo di non essere lontano dalla verità quando dico che né Malmoe, né Chelsea e men che meno lo Zenit abbiano giocato a ritmi particolarmente alti. Inoltre, nelle quattro partite citate (con lo Zenit i bianconeri hanno giocato sia l’andata che il ritorno), Allegri, ben lungi dallo sperimentare uomini parzialmente o del tutto fuori ruolo (Rabiot per esempio), ha schierato una formazione logica ed elastica. In grado cioé di attuare il 4-4-2 in fase difensiva e di allargarsi in un divertente 4-2-4 o 4-2-3-1 in fase offensiva.
Tuttavia, mentre in campionato la Juve può al massimo ambire al quarto posto, distante quattro punti, in Champions la speranza di fare più strada di quanto compiuto con Sarri e Pirlo (eliminazione agli ottavi) è viva.
La Juve non vincerà la Champions, questo no, però sta capendo come un segno nel calcio lo si lasci soprattutto se si è protagonisti in campo internazionale. Ovviamente è un percorso lungo e appena cominciato, anche se non bisogna dimenticare che Allegri è stato l’unico allenatore a portare, nel suo precedente quinquennio juventino, la squadra due volte alla finale. Sarà dura, anzi durissima, forse impossibile. Però il calcio, illuminato com’è dalla sua suprema imprevedibilità, incarica spesso di stupire e smentire".