La squadra bianconera resta in testa alla classifica e vince nè più e nè meno di come ha fatto nelle ultime otto stagioni. Eppure la tanto proclamata “rivoluzione culturale” che avrebbe dovuto condurre alla realizzazione dello spettacolo, oltreché dei risultati, per il momento è rimasta nella testa di coloro i quali l’avevano annunciata. I successi della Juventus, così come taluni scivoloni, non fanno capo a nulla di realmente nuovo o di diverso da quelli ottenuti nel recente passato, prima dell’avvento di Sarri.
A questo punto è legittimo chiedersi se e fino a che punto sia valsa la pena montare tutto il casino dell’anno scorso per cacciare Massimiliano Allegri e ingaggiare un allenatore che, fino ad oggi e dopo mesi di lavoro, non è riuscito a spostare i meccanismi tattici della squadra per arrivare a concretizzare quel tipo di calcio che ha in mente lui, ma soltanto lui. Un peccato comunque. Soprattutto per lo stesso Sarri il quale, per mancanza di attenzione da parte dei suoi giocatori, rischia di giocarsi la sua fama da ”profeta” dello spettacolo per diventare un allenatore come tutti gli altri.