"Il progetto che è stato intrapreso negli ultimi anni era stato mettere giovani in squadra ma anche arricchirla con giocatori di una certa caratura come Ronaldo, Chiellini, Buffon, Bonucci... È impossibile fare una squadra con solo giovani, ci devono essere anche esperti per far crescere i ragazzi. Questo è stato il progetto iniziale e lo sarà anche per il futuro."

Il concetto espresso da Andrea Pirlo ieri nella conferenza stampa pre-Cagliari (che ha avuto anche il sapore di una conferenza post-Champions) è chiaro, chiarissimo. E significativo perché arrivato due giorni dopo le parole di John Elkann che aveva parlato di "giovani e aggiustamenti".

Nessuno vuole insinuare il dubbio di frizioni tra il vertice massimo dell'universo di cui fa parte la Juve. Quella di Elkann, presidente di Exor, ha tutta l'aria di una boutade abbastanza generica, che potrebbe applicarsi per qualsiasi realtà aziendale, in ogni settore, quando ci si trova in un momento di transizione. Senza pretese di ingerenze nel club di calcio di Andrea Agnelli.

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Ma una squadra di calcio è un tipo molto particolare di azienda, che dipende da performance sportive. E su quello è l'apparato sportivo bianconero a dover metter bocca. In primis Pirlo, che quel mix di giocatori giovani ed esperti lo gestisce sul campo.

E si riapre l'annosa questione: quanto spazio devono avere i giovani in una squadra vincente come la Juventus?