L'AVVOCATO - "Non era certo un amico, non era una persona con cui mi prendevo a pacche sulle spalle, aveva tanti anni più di me e la sua indiscutibile autorevolezza. Io direi così: ho reso orgoglioso l’Avvocato. È lui che mi ha voluto. Credo pensasse, tra sé, che era stato lui, non Boniperti o altri, a scegliermi e ciò che avevo fatto era la conferma che lui capiva di calcio e quindi nessuno poteva rompergli le scatole sul tema. Lui mi ha consentito di avere la massima libertà, in campo e fuori. Sì, credo di averlo reso orgoglioso. E questo fa felice me".
MORTE ROSSI - "È vero, ho chiamato Marco, Antonio Cabrini, Zibi Boniek. Avevo visto Paolo poco tempo prima a Forte dei Marmi e non mi era sembrato che stesse male. È stata una terribile sorpresa, un autentico choc. Paolo era davvero una brava, bella persona. Lui non era matto di calcio, con lui si poteva parlare di tutto. Io gli rubavo le sigarette, lui si arrabbiava moltissimo. Sono stati anni speciali, ci siamo divertiti tanto e abbiamo vinto tanto. Giocavo non solo con grandi calciatori, ma con uomini speciali, molti dei quali sono restati miei amici. E quel mattino ci siamo ritrovati ancora insieme, per condividere l’assurdità della scomparsa di Paolo".
AL MICHEL BAMBINO - "Bella domanda, questa. Gli direi la stessa cosa che mi dissero i miei genitori: “Divertiti. Divertiti nel calcio. Il calcio è divertimento”. Sono riuscito ad arrivare dove sono arrivato perché ho vissuto il calcio così. Io lo dico sempre ai bambini: divertitevi e se sarete bravi, se mostrerete talento, le cose verranno da loro. Invece oggi vogliono prima diventare calciatori professionisti e poi toccare la palla. In Francia, ai miei tempi, non sapevamo neanche che esistesse il calcio professionistico. Questo direi a Michel piccolo: 'Divertiti! E se un giorno arriva Boniperti, firma con la Juve'".
SDRAIATO, A TOKYO - "Tokyo era il punto di arrivo di una generazione di giocatori che avevano vissuto insieme anni bellissimi. Avevamo vinto tutto e ci mancava solo di conquistare la Coppa del mondo per club. Quel giorno c’era a Tokyo anche il figlio dell’Avvocato, Edoardo. Era una partita decisiva. Arriva un arbitro che mi annulla quel gol. Quel gol: palla fatta passare sulla testa del difensore e tiro al volo nell’angolo. L’avrei ammazzato. Quel gesto era un atto di disperazione. Che faccio: gli vado addosso, gli rifilo due sberle, lo ammazzo, lo strangolo? Mi faccio espellere e lascio la squadra in dieci? Ma come, mi annulli un gol così, nella finale della Coppa del mondo? Sono quei gol che già se ti vengono in allenamento... Ma in una finale... Come quello di Van Basten nella partita decisiva dell’Europeo 1988. Sono reti che girano il mondo, che restano nella storia. Quel giorno faccio un gol così bello e tu me lo annulli per un fuorigioco passivo segnalato da un guardialinee di Singapore? Era da ammazzarlo. Mi sono sdraiato a terra, mi sono appoggiato su un gomito, l’ho guardato. Era un gesto di protesta non violenta. Non era per la televisione, era pura disperazione"-