Tommaso Pobega si racconta tra passato, presente e futuro. Il centrocampista italiano classe 1999, in prestito allo Spezia dal Milan, ha dichiarato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "Da bambino ero juventino. Nel 2012 Cagliari-Juve fu giocata a Trieste e io ero uno dei raccattapalle: quella sera la Juve di Conte vinse lo scudetto. Poi ho fatto il raccattapalle anche a San Siro. Sono passato al Milan a 14 anni. L'ho vissuta come una bellissima esperienza, ma è stata dura: a Trieste ero la stellina, all'inizio al Milan giocavo poco. Il secondo convitto era attaccato allo stadio: dalla finestra vedevo San Siro. Da piccolo il mio giocatore preferito era Bastian Schweinsteiger, mi piaceva come si muoveva in campo". 

Spezia-Juve, Pobega al 45': 'Abbiamo sofferto, ma siamo sempre propositivi'
MALDINI - "Maldini prima di mandarmi in prestito allo Spezia mi ha fatto l'in bocca al lupo e mi ha spronato a lavorare bene perché il Milan continua a seguirmi. E' lì che voglio tornare. Prima di passare allo Spezia ho giocato in amichevole contro Monza e Vicenza. E mi ero accorto che il Milan fosse pronto per il salto di qualità: è una grande squadra, tutti sanno quello che devono fare in campo e le caratteristiche dei singoli vengono esaltate. Piuttosto mi è spiaciuto giocare con lo Spezia in un San Siro deserto: è stato molto triste".

MEZZALA - "Sono una mezzala. All’occorrenza posso fare altro, ma dipende dal contesto e sempre con le mie caratteristiche. La qualità è caratteriale: do sempre tutto. Sono un lavoratore: quella è la parola chiave. A me piace mettermi a disposizione della squadra e garantire intensità, impegno, aiuto. Fin da bambino ero così. L’elenco dei difetti è lungo: il piede destro, ad esempio. Negli ultimi anni ho cercato di migliorare negli inserimenti: se accompagni l'azione, le occasioni arrivano. E i gol anche. La ricerca del tiro attraverso giusti tempi di inserimento è una cosa su cui mi alleno sempre. Sto cercando di migliorare anche nel tiro da fuori: lavoro a 360 gradi sulle finalizzazioni. Il primo gol in A l’ho segnato a Buffon: io ho 21 anni, lui 42, il doppio. Strano eh... Nel calcio italiano c’è più spazio e fiducia nei giovani? Sì, e i giovani sono stati bravi a farsi trovare pronti: penso a Locatelli, Bastoni, Barella".