LA PRIMA VOLTA - "Ho incontrato Cristiano nel 1997. Tutti parlavano di questo ragazzino che giocavano in modo differente rispetto ai suoi coetanei, con maggiore agonismo, con più qualità e personalità. Così un giorno andai a Madeira a raccogliere ulteriori informazioni su di lui, parlai con tante persone. Capimmo immediatamente che era diverso e decidemmo di portarlo all'Accademia dello Sporting, a Lisbona".
IL PIU' FORTE - "Sinceramente non potevamo immaginare che Cristiano potesse raggiungere il livello attuale, però sapevamo chiaramente che di fronte avevamo un ragazzo molto bravo, con doti superiori alla media. Una volta anche mia madre, dopo che Cristiano aveva trascorso un weekend a casa mia, mi disse: 'Figlio mio, pensi che questo ragazzino diventerà un giocatore importante?'. Risposta? Fin dove arriverà non lo so, ma sicuramente diventerà un giocatore professionista. Poi col passare degli anni si è capito quanto Cristiano fosse unico nel suo genere".
LA MADRE - "Tutti prendiamo qualcosa dai nostri genitori, questione di sangue. La signora Dolores è sempre stata una donna e una mamma molto forte. E' stata importantissima per Cristiano. Nei momenti difficili ha sempre spinto il figlio a tenere duro e a guardare avanti. Ai tempi dell'Accademia, quando CR7 aveva 12 anni, parlavo quasi tutti i giorni con la signora. Non era un periodo semplice. A Cristiano mancava la famiglia e talvolta pensava di dover tornare a Madeira. La mamma soffriva molto per la lontananza del figlio, però lo invitava a tener duro. La signora Dolores ha sempre trasmesso i valori giusti. Cristiano le somiglia, basta vedere come tiene alla famiglia e come si prende cura dei vecchi amici".