Ma prima del caso Suarez, di cosa parlavano le radio e i siti napoletani? No, così, per chiedere. Per capire. Per informarci. Per non pensare che dall'altra parte si viva di solo pane e ossessioni. O che magari, dati i numeri in calo della squadra di De Laurentiis, sia un modo becero soltanto per caricare una sfida ravvicinata e perciò con poco da raccontare. 

Da giorni, a sud di Roma, il tema dei vicoli e dei parolieri è rimasto lo stesso: Suarez, Suarez, Suarez. Niente Osimhen, ci mancherebbe. Ma nemmeno De Laurentiis che, con tanto di Covid, ha seminato paura e caos a qualche giorno dall'inizio della stagione, quasi pregiudicando le prime settimane. Di certo, a Napoli, sempre nelle radio, nel bel mezzo dei vicoli, nessuno starà fiatando sulle patenti nautiche regalate ai propri calciatori. Non c'erano state le cosiddette 'pressioni' affinché Koulibaly e Mertens si recassero sul luogo dell'esame senza svolgerlo? E Callejon? Neanche lo sforzo di farsi vedere: un pacco postale gli diede l'okay per guidare la propria imbarcazione.

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"Un'abitudine italiana", si affretterebbero a dire. Un'abitudine che è durata per ben tre anni, tra il 2014 e il 2017. Che ha toccato funzionari e direttori della motorizzazione. Che c'entra il giusto con Suarez, per carità. Ma che non va dimenticata, neanche per un istante. Perché ad esser superiori, con un livello così basso, è fin troppo facile.