GIOVANI - "E' una spiegazione? Ovvio. I più vecchi devono correggere i difetti di motivazione, di senso di appartenenza, la cattiveria anche e soprattutto negli allenamenti. Perché alla Juventus la competizione vera deve essere durante la settimana: io l’ho capito subito, se non lavori al massimo in allenamento poi non vinci. Bisogna stare sul pezzo anche nel riscaldamento prepartita. Nel 90, forse nel 95% dei casi, l’allenatore capisce chi è in partita e chi no durante il riscaldamento. Mi ricordo che al Bernabeu, prima del famoso 1-3 in cui la Juve sfiorò l’impresa nel 2018, ero a pochi metri dal campo durante il riscaldamento. Li vidi e dissi a mio figlio: vinciamo di sicuro, guarda la concentrazione e come girano a mille le gambe. Mi sembrava di rivedermi prima della famosa finale".
DA CHAMPIONS - "Ha margini enormi, bisogna avere pazienza, anche perché Pirlo ha avuto pochissimo tempo per lavorare. Ma è molto ben attrezzata".
CHIESA - "Più che rivedermi in lui, vedo in lui il giusto spirito juventino: grinta, voglia di combattere e tecnica. Ha delle potenzialità pazzesche, perché ha corsa, anche più del padre, forza e tutte e due i piedi. Ora vediamo se è un campione o un buon giocatore. Come si capisce? Da quello che accade ora. Se non perde l’umiltà, se rimane con i piedi per terra, se lavora con la stessa serietà in allenamento e non pensa più alla doppietta di San Siro. Allora è un campione e continuerà a ottenere risultati. Altrimenti è solo un buon giocatore. È importante che capisca la fortuna che ha. Di giocare nella Juventus. Io, oggi, a 53 anni, mi rendo conto di cosa significhi aver giocato nella Juventus, aver fatto parte della storia di un club così grande e importante. Aver avuto l’opportunità di crescere come calciatore, ma soprattutto come uomo. Non sempre quando si gioca si riesce a comprendere la grandezza del club, ma quando mi guardo indietro capisco tutto e ne riesco a percepire le proporzioni. Chiesa ha un vantaggio e si chiama Andrea Pirlo".