PIRLO - «Era un’ipotesi. Non decollata, non per colpa sua. Ero alla ricerca di entusiasmo. Pretendevo entusiasmo. Era difficile, mi rendo conto. I dubbi prevalenti di Andrea erano legittimi».
RIBERY - «Il giorno dopo il mio arrivo, mi fa: “Direttore, io non ce la faccio più a stare a Salerno. La gente ride quando perdiamo. A me non viene da ridere quando perdo”. Dove cazzo vai, Franck, te ne vai ora che arrivo io? Il giorno dopo mi dice: “Ci ho ripensato, resto”. E io: “Guarda che lo scenario è cambiato, ho preso tanti giocatori nuovi, potresti non essere sicuro del posto”. “Vorrà dire che mi batterò…”. Capisci che umiltà? I grandi come come lui odiano perdere».
INTER - «Il più grande errore professionale della mia vita. L’accettare una richiesta interna che prevedeva io fossi fuori dall’organigramma. Non so. Un errore tragico, il mio. Dovevo rescindere il contratto prima di cominciare. Una situazione insostenibile».
MOURINHO - «Mourinho è un teatrante di successo, io invece voglio fare il calcio vero. Lui potrà rispondere che ha vinto tutto e io niente. Avrebbe ragione, ma non cambio la mia risposta. Lui va bene per un certo tipo di squadra, un certo contesto, un certo tipo di obiettivo. Guardo i risultati. Lascia stare le partite perse. I giocatori messi al rogo, declassificati. Mi pare tutto molto discutibile».
SARRI ALLA LAZIO - «Quando la Lazio gioca, lo fa davvero bene. Maurizio è un lavoratore del calcio, sta in campo, bestemmia, s’incazza, gli viene la polmonite ma se ne frega. E fuma più di me. Ci siamo detti un giorno: come mai non abbiamo mai lavorato insieme. Pensa che disastro».
VLAHOVIC - «Una roba ignobile. Insopportabile. Come fai a non avere nessuna riconoscenza per la società che ha creduto in te? Lo stesso vale per Donnarumma con il Milan. Qui entrano in gioco le qualità umane».
DIGNITA' ALLA VITA - «L’onestà e il far felici gli altri. Nel caso mio anche l’esistenza di Santiago, mio figlio. Lui ha dato un senso alla mia vita. L’unica persona che voglio abbracciare e toccare. Quando è nato scricciolo settimino, me lo mettevo sul petto per farlo addormentare. Si addormentava ascoltando il rumore del mio corpo, i polmoni che graffiavano e il cuore che batteva».