Mi sbaglierò (accade ancora più spesso), ma in quest’inizio per me il Napoli sta meglio della Juve e può agevolmente vincere a Torino come fece Sarri quando guidava gli azzurri, ultimo ad esserci riuscito.
Mi sbaglierò (accade meno spesso), ma, come a Parma, nemmeno contro Ancelotti vedremo la nuova Juve, fatta eccezione per de Ligt che forzatamente dovrà sostituire l'infortunato Chiellini, perché Sarri - l’avevo detto tre settimane fa - per ora pensa di vincere allo stesso modo di Allegri: senza incantare.
Quando il pallone non canta, a parlare sono gli invidiosi e i mediocri. Sarri lo sa e non si sorprende: siccome ad uno come lui hanno saputo regalare solo una dura gavetta, i tentativi di destabilizzarlo saranno molteplici. Lo si attacca perché tiene un pacchetto di sigarette in mano nonostante la polmonite. Lo si attacca perché vuole andare in panchina. Lo si attacca perché ubbidisce ai medici che gliela vietano. Lo si attacca perchè Mihajlovic, che ha la leucemia, non ha avuto paura, mentre lui invece sì.
E’ vero che praticamente il ritiro non è stato fatto, è vero che in queste settimane Sarri ha dovuto lavorare a scartamento ridotto, ma ammettere che i progressi saranno così lenti non è sintomo che inviti all’ottimismo.
Insomma Sarri è alla Juve, ma la Juve non è con Sarri. Non gli lavora contro, ma certo non lo aiuta e contro il Napoli - polmonite o no, panchina o meno - è in gioco buona parte di credibilità del tecnico toscano. Ovvio che non rischi il posto, ma rischia il consenso, quel flusso di fiducia che un gol ti può togliere e un gol ti può dare.
I ruoli sono rovesciati: il precario non è Ancelotti, che di Sarri ha preso il posto senza lucrargli l’affetto dei tifosi, ma il neo juventino. Sospeso tra l’assenza, l’incertezza e il rischio di perdere.
Di Giancarlo Padovan per Calciomercato.com.