Una volta visto il panorama, la fatica te la scordi. E' un riflesso involontario: nelle situazioni di agio, tendi a inserirti in modo prorompente, quasi affascinato dalla moltitudine di possibilità che questa nuova fase sa di poter regalare. L'unico che sfugge a questa legge non scritta è Maurizio Sarri: lo vedi lì, a centrocampo, abbraccia e sbraita, sorride e quasi si commuove. Ha gli occhi increduli dell'adrenalina, le lacrime silenziose e solitarie di chi ricorda tutto. I campi impolverati, le docce di San Giovanni, l'odore del gesso delle righe tracciate dieci minuti prima di dire la formazione ai suoi ragazzi. Lì, a Baku, mentre tutto il mondo ha gli occhi puntati su di lui e su quello che dirà, mentre una parte d'Italia tifa per la sua coerenza e quell'altra per una sua 'redenzione', Maurizio capisce di aver superato uno step: è diventato grande, grandissimo. Grande di grandezza Juve, aggiungiamo noi. 

Sarri sorprende tutti a Baku: ecco perché
UNO DA FINALI - Il parallelo è facile e si scontra dolcemente con la storia recente dei bianconeri: Sarri è uno che vince finali, e quella di Baku non è la prima e probabilmente non sarà l'ultima. Un aspetto che va oltre il gioco, lo stile, la foga che può dare ai propri giocatori: è un vincente, è uno che sa farlo, è uno che non pensa ad altro. Ed è uno da Juventus, proprio per questo. L'aveva già dimostrato con il Napoli: con quella testata di Koulibaly aveva portato a casa un altro epilogo, seppur incastrato in una lunga corsa poi finita male (per lui). L'aveva già palesato nelle piccole sfide che ha dovuto affrontare, nella clamorosa piega che ha preso la sua storia. Sarri ha vinto una grande finale, sì. Ma non è quella di Europa League, semmai quella con se stesso. E' diventato enorme, e oggi è giusto che la Juve punti su di lui.