Le tensioni viste ieri sera nelle battute conclusive di Sassuolo-Juventus hanno riproposto l'annosa questione sull'opportunità o meno di buttar fuori il pallone quando un giocatore avversario resta a terra. Quando Traoré è rimasto a terra e la Juve ha proseguito l'azione, c'è stato un acceso diverbio tra Peluso e Bonucci che ha portato all'ammonizione dalla panchina del difensore bianconero (che "grazie" a questo cartellino giallo ora è diffidato). Successivamente, Bentancur è rimasto a terra e il Sassuolo ha proseguito l'azione, con Sarri e De Zerbi che si sono "beccati" durante tutto questo frangente.

LE DIRETTIVE - Volendo andare oltre il singolo episodio, ci sembra sia arrivato il momento di ribadire ciò che dovrebbe essere ovvio, in quanto regola, ma che tanto ovvio a quanto pare non lo è: se un giocatore resta a terra dopo un contrasto non falloso, l'azione si ferma solamente se questi ha ricevuto un colpo alla testa. Ed è l'arbitro a fermare il gioco. In caso contrario, si continua a giocare. E i soccorsi, se necessari, avverranno quando il gioco si sarà fermato secondo la naturale prosecuzione dell'azione (o delle azioni). Questo per scoraggiare l'irritante pratica di "infortunati immaginari" che si buttano a terra per perdere tempo.

Scintille in Sassuolo-Juve: Peluso a muso duro con Bonucci. Sarri contro De Zerbi: cosa si sono detti
APPELLO - Eppure questa regola viene spesso disattesa, la consuetudine non scritta continua a prevalere sul regolamento e sul buon senso, costringendoci ad assistere a scene come quella di ieri, in cui "si pretende" che un pallone venga calciato fuori dal campo. Questa non è certo una battaglia juventina, ma un invito che tutti noi addetti ai lavori dovremmo lanciare al mondo del calcio: se è testa ci si ferma, altrimenti si gioca. Tanto semplice quanto difficile, evidentemente. Ma è uno sforzo necessario per migliorare il nostro sport preferito.