Mario Sconcerti ha analizzato sulle colonne del Corriere della Sera la partita tra Juve e Chelsea: "È stata la partita perfetta della nuova Juve e di una vecchia Italia, calcio di altri tempi, ma calcio vero, di sostanza. Una partita che dice poco sul futuro perché in campionato la Juve non potrebbe mai giocare così, in Italia tocca a lei essere il Chelsea, ma racconta una notte molto particolare in cui è ricominciata l’amicizia tra Allegri e i suoi giocatori, la comprensione comune della nuova dimensione e la disponibilità a seguirla, assecondarla senza infingimenti. In questo gioco di contropiede estremo, da area ad area, con un solo giocatore a trascinare il pallone, Chiesa si è consacrato il più grande attaccante europeo. È certamente incompleto come fa spesso notare Allegri, produce gioco solo per se stesso, ma fa cose che nessuno ormai sa fare. [...] E lui mangia lo spazio, lo divora. Forse di più: lo gestisce, se lo cuce addosso. La partita è stata tutta nei suoi scatti e nell’assenza totale degli scatti del Chelsea, sempre allo stesso passo, con un gioco fotocopiato, senza mai un dribbling o un’idea. Allegri è stato bravo a lasciarsi alle spalle qualunque ambizione sprovveduta, raccontando alla squadra i suoi limiti e dandole il vecchio gioco di chi lancia sassi contro i giganti. Il Chelsea non ci ha capito niente. Ha continuato a pensare che prima o poi avrebbe segnato per superiorità naturale, ma era un equivoco, era in un altro calcio, un’altra epoca. Chissà cosa diranno oggi Mancini e Sacchi, la loro giusta religione del gioco. Ma lo spettacolo della Juve è stato nell’umiltà con cui tutti".