In italiano si scrive e si dice “decoro”. Una parola che ciascuno non dovrebbe mai scordare di applicare concretamente nel quotidiano sul piano comportamentale. In termini meno eleganti ma assai diretti ciò sta a significare il dovere di non perdere la faccia per poi essere obbligato a vergognarsi almeno un poco. Nello sport questa linea di principio dovrebbe rappresentare una colonna portante dell’interno movimento. Allorché vacilla è bene segnalarlo.

Le voci, prima appena sussurrate e poi via via in crescendo, sulla possibilità di un ripescaggio dell’Italia di Mancini ai Mondiali del Qatar sono quanto mai odiose. Non perché il popolo del calcio di casa nostra non meriti di poter essere rappresentato sul palcoscenico planetario dalla sua squadra, ma perché dietro una simile eventualità ci sarebbe una “scorrettezza” che striderebbe con l’etica sulla quale si basa ogni evento agonistico.

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Le motivazioni che porterebbero ad una simile risoluzione a favore degli azzurri cominciano a filtrare da sotto la porta della stanza del potere Fifa ma sono leggere e impalpabili come il borotalco. L’Italia, si sostiene, potrebbe ritrovare lo spazio mondiale perso sul campo da gioco in virtù dell’esclusione coatta della nazionale iraniana la quale pagherebbe la colpa di misoginia avendo vietato alle donne di entrare allo stadio per assistere alla gara decisiva per le qualificazioni della loro nazionale.

Ora, il fatto che l’Iran degli ayatollah sia un Paese dove, tra le altre cose, sia in vigore la discriminazione di genere era cosa risaputa anche prima che la federazione islamica iscrivesse la propria squadra al cartello per i Mondiali. Se davvero la Fifa possedesse un senso dell’equità sociale avrebbe dovuto rifiutare a priori la richiesta di partecipazione. Ma poi, ammettendo la bizzarra svista iniziale, per quale motivo ripescare una squadra europea piuttosto che non una della medesima regione geografica?

Gli addetti ai lavori si appellano al ranking ovvero alla classifica di merito e per loro l’Italia, campione d’Europa, avrebbe tutti i titoli necessari per ottenere ciò che non è riuscita a guadagnarsi sul campo. Francamente tutto ciò appare come la classica arrampicata sugli specchi per tentare di rimediare a frittata fatta e girata. La regola del merito storico e non quella del decoro porterebbe, in Italia, ad invocare il ripescaggio in Serie A della Pro Vercelli, la leggendaria squadra delle tremende casacche bianche. O no?