I moralisti di professione proprio non li sopporto. Mi fanno venire l’orticaria. Quelli che si sono messi i fila, e sono stati tanti, per urlare tutta la loro indignazione contro il tecnico dell’Atletico Simeone e invocare addirittura l’intervento della Disciplinare per un eventuale “Daspo” a suo carico. Un predicozzo insopportabile con tanto di richiesta assurda.

Per parafrasare il titolo di un bellissimo film dei fratelli Coen, si può ben ribadire che il calcio non è un “mondo per vecchi gentleman”. L’allenatore argentino di certo non lo è, non essendolo mai stato neppure quando giocava. Di qui a volerlo definire “troglodita e maleducato” anziché “spontaneo e passionale”, seppure eccessivo, c’è una bella differenza. Del resto, con assoluta semplicità e candore, lui stesso ha spiegato pubblicamente la genesi del suo gesto che ha scandalizzato i perbenisti di facciata. Una reazione emotiva non per dileggiare l’avversario, ma per ribadire al mondo che lui è i suoi ragazzi in campo “avevano i coglioni”. Una qualità che, almeno ieri sera al Wanda Metropolitano (questa volta non Nara), la Juventus ha mostrato di aver lasciato nello spogliatoio.

Esultanza shock di Simeone: l'episodio e le sue parole dopo Atletico-Juve FOTO
La stessa cosa, allora, si potrebbe dire di Cristiano Ronaldo e della sua “manita” prima rivolta in campo al pubblico spagnolo e successivamente reiterata nella zona mista, a fine partita, per ribadire che in ogni caso il Re di Coppa è lui. Con l’aggravante della premeditazione, però. Uno sfottò che non era uno sfogo dettato da una passionalità incontrollata e incontrollabile, ma da un freddo ragionamento. Ovviamente neppure CR7 va condannato per quel gesto che fa parte dello spettacolo calcistico in generale. Lo stesso capitan Totti si esibì a suo tempo in quello show aritmetico senza che nessuno provasse la necessità di crocefiggerlo.

La cosa buffa, per voler usare un eufemismo, è che Mourinho mostra i polsi nel gesto delle manette e per gli osservatori si conferma “personaggio speciale”. Simeone si aggrappa ai suoi attributi e viene spedito nella tribù dei selvaggi. Tutto questo in un ambiente dove l’emotività può spingere anche una persona stupenda come Carletto Mazzone a correre come un centometrista sotto la curva avversaria per mostrare i pugni, piuttosto che un uomo pacifico come Gigi Simoni a quasi aggredire l’arbitro per un torto subito. Senza contare o voler dire di quel che accade non solo nelle curve, ma nelle signorili tribune degli stadi dove gestacci e volgarità assortite fanno parte della recita popolare.

Il fatto che viviamo, tutti quanti, in un mondo dove la buona educazione e la cortesia sono state ridotte a optional è una triste realtà verificabile quotidianamente nella coesistenza civile, così difficile, di tutti i giorni tempestata da gente che ti mostra il dito medio o che ti insulta per un nonnulla. È il dilagante effetto che arriva dall’alto e persino dal Parlamento dove gestacci, parolacce e risse assortite fanno parte del quotidiano. A fronte di tutto ciò, scandalizzarsi per lo sfogo di Simeone e chiedere la sua condanna è quanto meno ridicolo.