Sto con Daniele Adani perché, al netto del successivo e imperdonabile scivolone, la sua era una domanda legittima e pertinente. “Quanto un allenatore può incidere su tecnica, qualità e dominio della propria squadra?”: questo, in sintesi, il quesito posto dall’ex difensore e opinionista Sky a Massimiliano Allegri, prima che il nervosismo prendesse il sopravvento con affermazioni fuori luogo (“Non dici cose serie e sensate”).

L’involuzione tattica della Juventus 2018-19 è sotto gli occhi di tutti ed è tutt’ora inspiegabile. Perché, dopo un inizio di stagione dominante (soprattutto in campo internazionale fino al match casalingo contro lo United), una delle rose più forti d’Europa non è stata in grado di proporre un gioco adeguato? Perché la Juve di Cristiano Ronaldo è sembrata arrivare al momento decisivo dell’anno priva di idee?

Adani vs Allegri, il web è spaccato in due: 'La risposta di Max? Supercazzola'
Allegri per l’ennesima volta non ha voluto rispondere, preferendo blindarsi dietro un monologo che dalle ripartenze sofferte contro l’Ajax ha toccato il tema degli infortuni e infine l’orgoglio per i “tre mediani” schierati ai tempi del Milan. Eppure, che la Juve non abbia gioco rimane il vero nocciolo della questione.

E d’altra parte non può costituire una giustificazione credibile la lotta contro i “teorici”, contrapposti forzatamente ad un allenatore “pratico”: il calcio è anche teoria, e le 32 regole indicate dallo stesso Allegri nel suo libro sono lì a dimostrarlo.

Adani ha sbagliato nei toni e nei modi della propria critica, che tuttavia rimane legittima (anche se mossa da chi non ha vinto 6 scudetti). La reazione di Allegri, che quella critica non l’ha accettata, è semplicemente da permaloso.