E' la serata più nera di Andrea Agnelli. Non coinvolge solo lui naturalmente, ma fa emergere un verdetto chiaro: delusione totale, peggio di qualsiasi notte storta, stortissima di Champions League. La Superlega ha perso, si è sciolta dopo appena 48 ore dalla sua creazione ufficiale. Non tutta, va detto, ma l'addio delle squadre inglesi rappresenta la rottura definitiva. Il banco è saltato. Sotto la pressione delle istituzioni, le voci forti di UEFA e FIFA, i commenti dei protagonisti, quelli dei governi europei e l'opinione pubblica. Un po' tutto, la certezza è una sola: la pressione ha funzionato, il muro di fratellanza delle big europee, invece, è crollato praticamente subito. E qui serve tornare un passo indietro.

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Sì, perché mentre le squadre italiane (e spagnole) restano per ora ferme sulle proprie posizioni, il risultato sembra scritto e impone una riflessione su tutte le 48 vorticose ore vissute, tra comunicati, accuse e commenti. La forza di Juve, Inter e Milan, quella mostrata anche nell'infuocata riunione in Lega Calcio, si è tramutata in incertezza totale per il presente e il futuro. Ora, mentre il "popolo del calcio" che ha guidato la rivolta anti-Superlega chiede le teste dei secessionisti (leggasi dimissioni), tutto è ribaltato, tutto andrà sistemato. Anche per Andrea Agnelli.

Il presidente della Juve ha scelto Florentino Perez e non l'amico (prima della Superlega) Ceferin, ha scelto l'élite e non il calcio per come l'abbiamo sempre visto, ha scelto di cambiare per sopravvivere e crescere sempre più e non l'immobilismo attuale. L'ha fatto, anche a ragione per il proprio punto di vista e non solo, ma il verdetto è arrivato: ha perso. Lui e gli altri 11. Ma non ha perso solo questa battaglia, quello che più può preoccupare in vista del futuro più prossimo è il contorno. In poche ore sono andati in fumo mesi e anni di relazioni. Di amicizia, come con Ceferin, di potere, come l'ECA di cui era presidente fino alle dimissioni, e istituzionali. Agnelli è finito nel mirino della critica nazionale ed internazionale più degli altri, sia per gli attacchi diretti di Ceferin ("Serpe"), sia per quelli dei vari Rummenigge, Boniek, Cairo e così via. Ma, soprattutto, il suo nome è finito su tutte le prime pagine di quotidiani e portali europei, affiancato da scritte come "Ecco chi vuole uccidere il calcio". Non c'era solo lui, è vero, ma c'era soprattutto lui, il più bersagliato insieme a Perez. E se fino a qualche ora fa la compattezza del gruppo separatista era la base per successo e rivalsa, per un consapevole e forte ribaltone dell'opinione in futuro, adesso che la Superlega si sta sciogliendo tutta questa sicurezza si perde e assume connotati diversi. Prima l'immagine data era quella di forza, ora di fallimento. Agnelli forse più di tutti ha fatto un salto indietro di anni nei rapporti personali e il risultato finale cambia inevitabilmente tutta la percezione della vicenda. Oggi, il presidente della Juventus ha perso amicizie, potere e rapporti con le istituzioni, sacrificate per in progetto andato in fumo in 48 ore.