Il caso Napoli è destinato a far discutere nelle prossime settimane, soprattutto alla luce di quanto successo alla Juventus lo scorso anno. Guido Vaciago, direttore di Tuttosport, nel suo editoriale ne parla così: "Gira un video in cui il procuratore federale Giuseppe Chiné, a margine del Premio “Sport e legalità”, spiega il perché la Juventus è stata condannata per le plusvalenze e non altri altri club (fra i quali, lui stesso, cita il Napoli e il caso Osimhen). E, per l’esattezza, Chinè dice: «La Juventus è stata oggetto di un’indagine della Procura di Torino e per la bravura o per la fortuna dei magistrati, io ho avuto il materiale che invece non ho avuto per altre società. Se lo ricevessi, so che ci sono Procure che indagano, potrei riaprire il processo come è accaduto per la Juventus».  
 
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Bene, ora quel materiale c’è. E Chinè ne ha fatto richiesta alla Procura di Roma, seconda la quale, il Napoli deve essere processato per «falso in bilancio» a causa della plusvalenza fittizia generata nell’operazione Osimhen (avvenuta con giocatori svincolti dopo un anno e finiti fra i dilettanti o in C). 
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Nel frattempo, però, la Juventus è stata giudicata dalla Giustizia Sportiva per le plusvalenze fittizie, e penalizzata di 10 punti nello scorso campionato, quello meritatamente vinto sul campo dal Napoli di Osimhen. È logico che, adesso, milioni di tifosi della Juventus (e forse non solo loro) attendano le prossime mosse della giustizia sportiva, perché la vicenda Juve e quella del Napoli hanno molti in punti in comune, a partire dalla Procura che ha emesso la richiesta di rinvio a giudizio. Se ce siano abbastanza per riaprire il processo anche per il Napoli lo deciderà Giuseppe Chinè, il quale però dovrà spiegare benissimo e in modo chiarissimo la sua scelta, soprattutto se la scelta fosse quella di non riaprire il procedimento. Perché se, non solo è legittimo, ma sacrosanto che sia lui a stabilire chi processare e chi no, è altrettanto sacrosanto - date le circostanze - che ci spieghi le eventuali differenze fra i due casi. Ne va della credibilità del sistema e della giustizia sportiva, che già tante, troppe volte ha dato la sensazione di una disparità di giudizio e, soprattutto, di mancanza di trasparenza e chiarezza (vedi, per esempio, le motivazioni con cui è stata condannata la Juventus saltando da un articolo all’altro, così come le ragioni che giustificavano la stessa riapertura del processo, peraltro avvenuto a porte chiuse)". 

E l'interrogativo chiave resta il seguente: "Perché resta ancora da capire perché per le plusvalenze sia stato punito solo una società, se per realizzarle servono molte società. Così come resta da capire come si fa a condannare un “sistema” se, ciò che fa il sistema stesso (ovvero sopravvalutare i giocatori) non può essere dimostrato e non viene quindi considerato reato. Certo, c’è il meraviglioso mondo della slealtà sportiva e la scappatoia dell’articolo 4, ma attenzione a farlo valere per tutti". 

Anche perché a far discutere poteva pensarci il caso curva Inter, trattato però mediaticamente in maniera diversa dal caso Juve: "Già, siamo sempre lì - prosegue Vaciago - che noiosi che siamo: sempre a parlare di disparità di trattamento. Forse perché, in questi giorni, si ha notizia dal Fatto Quotidiano dell’esistenza di un’inchiesta sull’infiltrazione della criminalità nella curva dell’Inter, con ipotesi di reato piuttosto pesanti. Nessun dirigente dell’Inter è indagato e la notizia è passata per lo più sotto silenzio. Un’identica situazione, ovvero un’inchiesta della magistratura sull’infiltrazione della criminalità nella curva della Juventus, sempre senza che nessun dirigente fosse coinvolto (se non come parte lesa), aveva generato titoli da prima pagina, un’attenzione spasmodica e una serie di udienze davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia, nelle quali il procuratore Figc di allora, Giuseppe Pecoraro, aveva accusato il presidente della Juventus, confondendo un’intercettazione telefonica e citandone una mai esistita".