Per me Rocchi, in Inter-Juventus non ha affatto arbitrato bene, non era da 8, non è stato il migliore in campo. Da Casarin a Cesari, dal Corriere della Sera alla Gazzetta dello Sport, fino a Calciomercato.com, è tutto un florilegio di elogi per l’arbitro fiorentino. Addirittura c’è chi, colto da sfrenato entusiasmo, va oltre definendolo “in smagliante forma atletica”, come se, si fa per dire, Doveri o Giacomelli (scelti a caso) dovessero ogni volta ricevere un elogio per la loro prestanza fisica.
Avrebbe fatto giocare all’inglese il signor Rocchi, senza spezzettare la partita, lasciando che il gioco “maschio” (vedi Petrachi) si librasse libero da lacci e lacciuoli, sull’erba di San Siro. Non pensiamo, però, che “all’inglese” significhi lasciar menare come fabbri ferrai i giocatori e tirare fuori il primo cartellino giallo “vero” (non quello surreale per “condotta antisportiva” ad Alex Sandro, reo di aver spostato un pallone di 30 centimetri ) dopo oltre 80 minuti, sorvolare su un rigore solare, permettere pericolosi falli da dietro. Non c’è nulla di spettacolare nelle trattenute a ripetizione di Godin, negli sgambetti da dietro di De Vrij. Nulla di sportivo nel doppio fallo di D’Ambrosio, prima su Ronaldo e subito dopo su Alex Sandro. Falciare non significa giocare e l’idea di non interrompere il gioco a fronte di falli evidenti non ha niente d’inglese: è un’idea semplicemente malsana, anche per lo spettacolo che risulta avariato o meglio impedito.
Non vorremmo che Rocchi facesse scuola. Non è questione di vittoria o sconfitta, è che non si tratta affatto di un bello (e nemmeno giusto) spettacolo. Il gioco intimidatorio premia gli scarponi e punisce i tecnici, esalta gli arruffoni e affossa gli ispirati. Se c’è qualcuno a cui piace, beato lui: Inter-Juve è stata la sua serata.