CAVIA - "Più che cavia, pensate a me come una nave rompighiaccio... Uno strumento per entrare in un mondo nuovo. Era la prima esperienza del sistema, sono felice di averne fatto parte. Sì, il ghiaccio è rotto, l’importante è che intorno non righiacci tutto. Che rimanga una traccia su cui ripartire. Questo è stato l’anno 0: difficile per tutti, dalla società ai ragazzi fino all’allenatore. Ma il prossimo sarà l’anno 1: non è il mio lavoro suggerire agli altri club di fare una loro U23, ma cito solo il caso della Spagna campione del mondo 2010. Aveva 19 giocatori con 900 presenze nelle seconde squadre. Un giorno, magari, anche in Italia si farà come nell’Ajax, in cui ci sono 5-6 ragazzi che ruotano sempre tra prima, seconda squadra e Primavera: è il modello vincente".
ALLENARE OGGI - "Anche su questo ho trovato difficoltà: al di là dell’allenamento, le ore che passano in campo sono molto minori rispetto al passato. Sempre attaccati a pc e telefonini, vivono in un mondo che non è reale. Io ho esordito a 16 anni al Vicenza ed ero una mosca bianca, il più giovane dopo Roberto Baggio. Ai miei compagni di allora è mancata la possibilità unica che hanno i miei ragazzi: possono sbagliare, correggersi, crescere. Quattro vanno alla Continassa e si allenano con Ronaldo: non capita a tutti...".
PRIVILEGIATI - "In campo gli avversari pensano solo ad approfittare delle nostre debolezze, usano la malizia. Certo, ci chiamiamo Juventus, ma non parlerò male delle altre società: so quanto è difficile fare calcio in Serie C visto che vengo da quelle realtà. Qualche singolo? Serve tempo e pazienza. All’estero i giocatori stanno diversi anni nelle seconde squadre: un esempio è Nolito, ora al Siviglia, ma a lungo nel Barça B. Prima ho citato Muratore, ma sono tanti i giovani che alleviamo. Nicolussi Caviglia ha dimostrato grandi tempi di gioco. Di Pardo, classe ‘99, ne ha saltate poche, come Olivieri"
CON ALLEGRI - "Con Max ho giocato a Pescara: nel momento più duro mi è stato vicino, mi ha detto di star calmo. Con il suo vice Landucci ho giocato a Firenze, eravamo in campo nella finale Uefa 1990: ai tempi la Juve era una rivale, poi quando arrivi qua capisci perché vince. La concentrazione è costante, il senso di appartenenza enorme: i miei ragazzi che si sono allenati con la BBC lo hanno visto da vicino".