L'allenatore della Juventus Under 23, Mauro Zironelli, è stato intervistato da La Gazzetta dello Sport. Ecco quanto emerso. 

CAVIA - "Più che cavia, pensate a me come una nave rompighiaccio... Uno strumento per entrare in un mondo nuovo. Era la prima esperienza del sistema, sono felice di averne fatto parte. Sì, il ghiaccio è rotto, l’importante è che intorno non righiacci tutto. Che rimanga una traccia su cui ripartire. Questo è stato l’anno 0: difficile per tutti, dalla società ai ragazzi fino all’allenatore. Ma il prossimo sarà l’anno 1: non è il mio lavoro suggerire agli altri club di fare una loro U23, ma cito solo il caso della Spagna campione del mondo 2010. Aveva 19 giocatori con 900 presenze nelle seconde squadre. Un giorno, magari, anche in Italia si farà come nell’Ajax, in cui ci sono 5-6 ragazzi che ruotano sempre tra prima, seconda squadra e Primavera: è il modello vincente".
 
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IL BILANCIO - "Io parlo del campo e sono contento. Cresciuto. Fino all’altro ieri allenavo tanti vecchi e qualche giovane, di colpo il contrario. Se questi ragazzi fossero stati mandati in prestito, non avrebbero mai fatto 20-25 presenze. Mi è stato chiesto di farli crescere: purtroppo i risultati non sono stati costanti, però ora stanno capendo quanto sia dura stare sul pezzo, dal punto di vista mentale e fisico. In C o ti adatti o muori e noi ci siamo adattati. I punti fatti sono più o meno uguali, ma tra l’andata e il ritorno abbiamo trovato intensità, voglia e agonismo".

ALLENARE OGGI - "Anche su questo ho trovato difficoltà: al di là dell’allenamento, le ore che passano in campo sono molto minori rispetto al passato. Sempre attaccati a pc e telefonini, vivono in un mondo che non è reale. Io ho esordito a 16 anni al Vicenza ed ero una mosca bianca, il più giovane dopo Roberto Baggio. Ai miei compagni di allora è mancata la possibilità unica che hanno i miei ragazzi: possono sbagliare, correggersi, crescere. Quattro vanno alla Continassa e si allenano con Ronaldo: non capita a tutti...".

TROPPO VECCHI? - "Innanzitutto, negli altri Paesi non c’è limitazione sui ‘vecchi’ e da noi sì. E poi gli stranieri sono pochissimi, quelli consentiti: è arrivato Mavididi perché non c’era una punta ‘98. Si parli, invece, del nostro Muratore: è qui da 13 anni e dopo due gravi infortuni non avrebbe giocato altrove. Invece, qui non si è perso, è tornato ai suoi livelli e farà un’ottima carriera. È l’esempio migliore per capire quanto sia importante il progetto".

PRIVILEGIATI - "In campo gli avversari pensano solo ad approfittare delle nostre debolezze, usano la malizia. Certo, ci chiamiamo Juventus, ma non parlerò male delle altre società: so quanto è difficile fare calcio in Serie C visto che vengo da quelle realtà. Qualche singolo? Serve tempo e pazienza. All’estero i giocatori stanno diversi anni nelle seconde squadre: un esempio è Nolito, ora al Siviglia, ma a lungo nel Barça B. Prima ho citato Muratore, ma sono tanti i giovani che alleviamo. Nicolussi Caviglia ha dimostrato grandi tempi di gioco. Di Pardo, classe ‘99, ne ha saltate poche, come Olivieri"

FAGIOLI - "Ha avuto qualche difficoltà fisica, deve finire lo sviluppo, ma vede il calcio come pochi: con quelle qualità lo vedremo a livelli top. Non si può dire adesso se un giorno sarà titolare della Juve ma, in generale, con questo sistema, potranno sbocciare sempre più talenti".

CON ALLEGRI - "Con Max ho giocato a Pescara: nel momento più duro mi è stato vicino, mi ha detto di star calmo. Con il suo vice Landucci ho giocato a Firenze, eravamo in campo nella finale Uefa 1990: ai tempi la Juve era una rivale, poi quando arrivi qua capisci perché vince. La concentrazione è costante, il senso di appartenenza enorme: i miei ragazzi che si sono allenati con la BBC lo hanno visto da vicino".

OCCASIONE DELLA VITA - "Alla fine ho cambiato: inutile intestardirsi se le caratteristiche sono diverse... Ho avuto delle difficoltà, ma fatto il massimo. Spesso durante gli allenamenti mi sono mancati i giocatori andati in prima squadra, ma pure questo mi è servito: inutile lamentarsi nella vita. Esperienza finita? No, io vivo alla giornata, poi a fine anno vedremo... Non aveva senso firmare per più anni davanti a un esperimento. L’importante, però, è la traccia che stiamo lasciando per tutti".