PASSIONE PER IL CALCIO - «È innata. A casa mia preferivano i motori, io passavo le giornate in cortile con i maschi e a 7 anni uno di loro mi disse: “Sei forte, perché non vieni nella mia squadra?”. Non ho più smesso. Sono destra, ho fatto a lungo il terzino sinistro ma ora gioco centrale nella difesa a quattro».
CALCIO FEMMINILE IN ITALIA - «In una fase di evoluzione, aiutata da società come la Juventus che entrano in questo circuito. Giocare qui significa avere le stesse strutture degli uomini. Un’emozione che non credevo di poter vivere in Italia prima della fine della carriera. È stato possibile in pochi anni grazie alle nuove norme federali sull’acquisizione del titolo sportivo e l’obbligatorietà dell’Under 12. Non in tutti i club è così, ma alla Juve siamo professioniste di fatto. Ci manca la forma, che non è poco: le tutele fanno la differenza. Per esempio non abbiamo uno stipendio ma un rimborso spese, perché siamo dilettanti. Ora bisogna adeguarsi a livello statale, è una situazione che riguarda tutte le atlete. Essendo il calcio così importante in Italia mi auguro di poter fare da apripista. Ben venga che l’anno prossimo arrivino altri club come Milan, Inter e Roma: abbiamo bisogno di alzare il livello per far bene anche fuori dall’Italia».
PROBLEMA RAZZISMO - «Ho un’anima interculturale – mia madre è originaria di Pola –, e ho vissuto il colore della pelle come un valore aggiunto, per la fisicità che mi ha dato e per l’immagine. I razzisti esistono e non solo qui, ma l’Italia non è un Paese razzista».
MEGLIO DELLA JUVE DI ALLEGRI? «I paragoni non mi piacciono, però per invogliare a seguirci posso dire che il nostro calcio è meno tattico e fisico, ha più geometrie e c’è più spazio per il gesto tecnico. Quindi può essere molto divertente».
MONDIALI FEMMINILI - «La squadra è competitiva e possiamo giocarcela, ma siamo solo a metà percorso. Però non caricateci anche del peso della mancata qualificazione degli uomini: abbiamo già tanta pressione addosso».