Laura Giuliani, portiere della Juventus Women e della Nazionale femminile, ha parlato a ilportiere.net. Vi riproponiamo l'intervista integralmente: 

Ciao Laura, piacere di conoscerti, come va? Raccontaci un po’ com’è nata la tua passione per il calcio.
Ciao a tutti, il piacere è mio. Qua va tutto bene: sono a Cipro con la Nazionale e mi sto godendo un po’ di sole e caldo! La mia passione per il calcio nasce 24 anni fa, appena sono nata! Mia mamma racconta sempre che volevo solo palle e palloni per giocare e lanciavo le bambole.

I tuoi genitori e i tuoi amici cosa pensavano quando da piccola ti vedevano tuffare a terra per afferrare un pallone?
I miei compagni di scuola e di squadra mi chiamavano “maschiaccio” e mi prendevano in giro ma in campo poi, quando paravo, erano contenti! I miei genitori hanno sempre appoggiato ogni mia scelta e volontà, mi hanno sostenuta e spinta a continuare quando avrei voluto lasciare! All’inizio mia mamma storceva il naso quando tornavo a casa piena di fango ma poi ho imparato a farmi la doccia vestita per pulirmi dal fango ed è stata contenta. I miei genitori sono e sono stati una parte fondamentale della mia crescita personale e sportiva.

Siete pronti? Le Juventus Women sono tornate! FOTO
E’ stato difficile per te appassionarti ad uno sport considerato ancora prettamente maschile?
Io personalmente non sono stata trattata bene dai miei compagni quando ero piccola e giocavo con loro: mi prendevano molto in giro, offendevano e mi davano la colpa di ogni gol ma a me importava solo giocare a calcio e parare.

Come ci si sente ad essere il portiere della Juventus Women?
Essere il portiere della Juve è una grande responsabilità. Io sono juventina, con famiglia (a parte papà) juventina e il mio idolo è sempre stato Buffon quindi mi sento una volta in più in dovere di dare tutto per questa maglia e società. Indosso la maglia di un grande club e voglio onorarla ogni giorno.

Hai avuto l’opportunità di giocare in diverse squadre tedesche, com’è stato l’impatto in uno dei campionati più competenti al mondo?
Inizialmente ho avuto difficoltà ad inserirmi e ad adattarmi ad una nuova mentalità, cultura, lingua, nuove abitudini e modi di vedere il calcio e il ruolo del portiere. Ho capito subito che, per avere vita lunga, avrei dovuto sgobbare tanto e imparare il loro stile, la lingua e passare dalla mentalità dilettantistica (avevo 19 anni quando sono andata in Germania) a quella professionistica. Con testardaggine, perseveranza e molto lavoro sono riuscita in quello che volevo.

Nell’ambito calcistico femminile, quali sono gli idoli più seguiti? Il tuo qual è?
Nel calcio femminile gli idoli si dividono tra maschile e femminile ma è difficile trovarne uno predominante. Il mio idolo incontrastato è, ed è sempre stato, Buffon anche se credo che il portiere perfetto sia una fusione tra lui e Neuer.

Ci sono tante nazionali femminili molto più forti rispetto alla maschile, come Canada, USA, Svezia, Norvegia, Cina. Come vedi la nazionale e come ci si sente ad essere portiere di essa?
Io ho sempre pensato che la nazionale sia il coronamento del lavoro fatto nel club: se non si lavora bene giornalmente nella propria società non si può ottenere la nazionale. Di conseguenza esserne il portiere mi riempie di orgoglio: rappresento la mia nazione, la porto in giro per il mondo e, come tutte, sono fiera di indossare il tricolore e cantare quell’inno a squarciagola.
 
Quali sono i tuoi obiettivi da calciatrice e da ‘grande’?
A me non piace molto guardare in lungo ma preferisco concentrarmi su quello che sto facendo, cercando di farlo al meglio. Anche perché ho capito che più programmi le cose e più il destino si diverte a cambiare le carte in tavola. Per il momento i miei obiettivi sono: finire al meglio questa stagione (magari con lo scudetto e la Coppa Italia), raggiungere la qualificazione alla Champion’s League e ai mondiali 2019. Il tutto prendendo meno gol possibili. Credo siano abbastanza!

Quale portiere segui particolarmente, e a chi vorresti carpire qualcosa per migliorare?
La mia più grande fortuna secondo me è stata quella di aver cambiato molte squadre ed essermi dovuta confrontare con metodi di allenamento e portieri molto differenti gli uni dagli altri. Ovunque sono stata ho imparato qualcosa di nuovo sia a livello di stile che a livello di tecnica, capendo i punti su cui dovevo lavorare maggiormente. Ogni situazione, allenatore e città mi ha insegnato e lasciato un tassello che si è andato a sommare a quelli che avevo già incastrato in precedenza. Ogni giorno e ogni stagione cerco di completare il mio puzzle infinito.

Che consiglio vuoi dare alle ragazze che sognano di diventare portieri?
Il mio motto è “work hard play hard”. Chi cresce con la mentalità del lavoro, del sacrificio e dell’umiltà, mantenendo davanti agli occhi i propri obiettivi nonostante tutto, riuscirà prima o poi ad arrivare dove altri cadono. Il lavoro paga sempre.